14. Tutto è buono… e il male, il dolore del mondo?

Giovanni Paccosi

14. Tutto è buono… e il male, il dolore del mondo?

15/02/2021 Religione Liceo Classico Santa Maria degli Angeli 0

LUIGI GIUSSANI, Il senso religioso, cap.X
Lo stupore originale implica un senso di bellezza, l’attrattiva della bellezza armonica. (…) Non solo l’uomo si accorge che questa inesorabile presenza è bella, attira, è consona a sé nel suo ordine: constata anche che essa si muove secondo un disegno che può essergli favorevole. (…) Il contenuto delle religioni più antiche coincide con questa esperienza di possibilità della realtà «provvidenziale».

«Ma, se la realtà appare buona e provvidenziale, perché il male, il dolore?»

Ecco una raccolta di testi che, partendo dal grande dramma dell’olocausto del popolo ebreo, mostrano che il male e il dolore aprono una ferita nel cuore che non può essere risolta in modo ideologico.

Tre discorsi di tre Papi ad Auschwitz: la fede cristiana davanti al male dell’uomo. Giovanni Paolo II che era nato a pochi chilometri da Auschwitz e visitò il campo di concentramento dopo pochi mesi dalla sua elezione, il 7 giungo 1979. Il popolo polacco ebbe milioni di morti (il 20% dei polacchi mori nella seconda guerra mondiale e che aveva tanti amici ebrei che morirono nei campi di concentramento, Benedetto XVI, tedesco e quindi portatore di una ferita per essere aprted el popolo che aveva generato queste orrende violazioni della dignità dell’uomo, che visitò Auschwitz il 28 maggio del 2006, e infine Papa Francesco, pellegrino a questo luogo di memoria dolorosa dell’umanità il 29 luglio 2016, in silenzio, lasciando solo queste parole: Signore, abbi pietà del tuo popolo, Signore, perdono per tanta crudeltà!

Una mostra, curata da Ignacio Carbajosa e altri per il Meeting 2018, a partire dalla figura biblica di Giobbe, pone la grande domanda: c’è qualcuno che ascolta il grido dell’uomo?

qui i testi e le immagini, tutti commoventi della mostra.

Ho raccontato tante volte un episodio che per me è stato rivelatore di questo atteggiamento quando, facendo il professore in una scuola, uno dei miei studenti è venuto, dopo avere saputo che un amico aveva avuto un incidente, domandando: «Ma perché Dio permette queste cose?». Io gli rispondevo che tante volte, noi, in quel momento della prova, mostriamo che cosa è quello che definisce la nostra vita, come arriviamo al momento della prova. «Se tu, quando ritorni a casa questo pomeriggio, ti trovi uno sconosciuto che ti dà una sberla, come rispondi?». «Gliene darei due in risposta». «E se, quando arrivi a casa questa sera, la sberla te la dà la tua mamma?». Restò un po’ impacciato davanti a questa domanda. «Le domanderei: perché?». Il perché, che non era nato davanti allo sconosciuto, era nato davanti a una presenza che non poteva fare fuori: aveva una tale familiarità con lei, con la mamma, che non poteva evitarlo. Possiamo capire che anche il fatto di porsi la domanda era nato da un rapporto talmente pieno di questi fatti buoni che quando entravano in contrapposizione con quel Dio avevano un interlocutore.

Julián Carrón, Intervento al Meeting 2018

La familiarità con la Presenza misteriosa che dona tutta la realtà in ogni istante, rende possibile non rassegnarsi alla disperazione, ma trasformare il dolore per il male in una domanda.