17-c. La realtà è segno: il desiderio in Dante e Petrarca
I desideri che ci costituiscono sono segno del Mistero. Infatti solo l’infinito è misura adeguata per il cuore dell’uomo.
Prendendo spunto dall’inizio dell’anno dedicato a Dante Alighieri (1265-1321) , nei settecento anni dalla sua morte, qui viene proposto un confronto sulla diversa, diversissima, concezione del desiderio che si può riconoscere in Dante e nell’altro grande poeta toscano del trecento, Francesco Petrarca (1304-1374).
Meno di una generazione li separa, ma che differenza tra Petrarca, che sente i desideri come un inganno che lo allontana da Dio, ideale (teoricamente) riconosciuto della sua vita, e Dante, per il quale i desideri sono la strada che conduce, trovando le risposte immaginate sempre insufficienti, alla pienezza in Dio.
In pochi anni tutto era cambiato: Petrarca moderno e Dante medievale, si potrà dire, ma in realtà, Dante poeta che attraverso la Poesia cerca la verità di sé , del mondo, della realtà intera, e Petrarca che, come nella letteratura successiva fino alle realtà virtuali di oggi, immagina un mondo letterario in cui quello che nella vita è contraddizione si può risolvere, anche se solo nell’immaginazione. Mario Luzi diceva, tanti anni fa, che dopo Dante bisogna giungere a Arthur Rimbaud, per trovare un altro poeta che non costruisce nella poesia un mondo immaginario, ma che cerca in essa la Verità della sua vita. Non trovandola, Rimbaud, abbandonò la poesia. Trovandola, Dante ci ha consegnato la Divina Commedia.
Ecco una serie di testi di Dante e Petrarca sul desiderio con alcuni commenti.